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Giocare è divertente, e questo vale anche per i videogiochi, i giochi sui cellulari e quelli on-line. Gli adulti non sempre comprendono questo fascino. Ma etichettare i videogiochi come qualcosa di negativo non è di alcun aiuto. I giochi digitali comportano dei rischi, ma possono anche favorire lo sviluppo ed essere utilizzati in modo consapevole in ambito pedagogico.
Provate a giocare, fatevi spiegare come funziona e approfondite i contenuti e gli aspetti tecnici. Questo vi aiuterà anche a valutare meglio i problemi.
Non tutti i giochi sono adatti a tutte le età.
Gli acquisti in-game, la pubblicità e determinati meccanismi di gioco possono esercitare pressione sui bambini e spingerli a effettuare spese indesiderate.
Attenzione al cybergrooming: i giochi che includono la comunicazione online (p. es. chat o funzioni vocali) dovrebbero essere utilizzati con prudenza. Le funzioni di protezione e segnalazione sono importanti.
Alcuni videogiochi possono creare dipendenza. Molti bambini e giovani hanno difficoltà a smettere di giocare.
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I videogiochi permettono di immergersi in mondi fantastici e assumere identità diverse, rompere con la quotidianità e fare esperienze che nel mondo fisico non sono possibili (o addirittura vietate). Tuttavia, l’alto valore di intrattenimento non è l’unica spiegazione: nel gioco tutti possono essere eroi e maestri e questo soddisfa un bisogno umano di successo e riconoscimento.
Inoltre, hanno un ruolo importante anche meccanismi come il potere e il controllo: chi gioca comanda. L’obiettivo è controllare il gioco. Ogni tasto premuto ha un effetto – la sfida sta nell’ottenere quello desiderato. Non da ultimo, inoltre, i videogiochi creano un senso di appartenenza e offrono esperienze collettive. I videogiochi affascinano soprattutto i maschi. Nel tempo libero questi giocano molto più spesso delle femmine.
PEGI (Pan European Game Information) è il sistema europeo che classifica il contenuto dei giochi in base all’età minima consigliata (dai 3, 7, 12, 16 o 18 anni). Allo stesso tempo esso indica con dei simboli se un gioco presenta determinati contenuti come violenza, sesso, paura, discriminazione, uso di droghe, linguaggio scurrile, gioco d’azzardo e acqui-sti in-game.
Il sistema PEGI ha lo scopo di proteggere dalle possibili conseguenze negative del con-sumo di videogiochi non consono all’età, ma non fornisce indicazioni sulle capacità richieste per giocare. Le indicazioni sui limiti di età non vanno dunque prese come raccomandazioni pedagogiche.
Per molti videogiochi (su app o su piattaforma) i download e l’utilizzo sono gratuiti. Tuttavia, durante il gioco, agli utenti possono essere proposti cosiddetti acquisti «in-game», a volte in modo molto invadente. Bisogna pagare per esempio per accedere a una versione ampliata, a funzioni supplementari oppure a oggetti virtuali di valore strategico. Occorre prestare attenzione, tra l’altro, alle cosiddette «loot box», scatole a premio a pagamento che contengono elementi del gioco d’azzardo. Infatti, prima dell’acquisto non si sa esattamente cosa si riceverà per i soldi pagati. Un esempio è costituito dai pacchetti di giocatori nel videogioco EA Sports FC 24 (ex FIFA). L’esca è la promessa di premi allettanti e rari. Ma le probabilità di vincere sono bassissime.
Sugli smartphone e sui tablet, per proteggersi dai costi nascosti è possibile disattivare gli acquisti in-app nelle impostazioni del dispositivo mobile. Verificate anche nelle console di gioco se le impostazioni permettono di bloccare gli acquisti in-game o di vincolare gli acquisti con una password. Inoltre, bisogna evitare per quanto possibile di collegare le coordinate bancarie ad account o dispositivi. Stabilite con i vostri figli regole sugli acquisti in-game adatte alla loro età.
Ad essere molto popolari non sono solo i videogiochi ma anche i cosiddetti «let’s play». Si tratta di video in cui i giocatori fanno una partita in diretta, commentando e spiegando lo svolgimento del videogioco e fornendo possibili soluzioni e consigli per avanzare rapidamente. Le dirette vengono trasmesse per esempio su piattaforme come Twitch. Gli spettatori possono interagire tra loro e con il creatore di contenuti su una chat e vivono le emozioni da vicino. Video di questo genere vengono caricati anche su piattaforme come You-Tube.
I videogiochi promuovono molte abilità: pensiero logico, creatività, lavoro di squadra e motricità fine. Sono divertenti, consentono ai bambini di relazionarsi tra loro, offrono esperienze di successo e momenti di autentico entusiasmo.
Allo stesso tempo celano rischi: alcuni giochi richiedono molto tempo. Questo avviene soprattutto nei giochi di ruolo online, dove può verificarsi la pressione del gruppo e dove ci sono personaggi che devono essere costantemente migliorati. Alcuni videogiochi utilizzano i cosiddetti dark pattern, ovvero meccanismi nascosti che inducono a continuare a giocare o a spendere denaro. A ciò si aggiungono i contenuti inappropriati (p. es. caratterizzati da violenza o sessualizzazione) o chat di gioco senza supervisione, in cui possono verificarsi insulti e contatti indesiderati. Inoltre, alcuni bambini e giovani, quando sono in difficoltà, si rifugiano in mondi virtuali.
I videogiochi, in particolare quelli online multigiocatore (p. es. Clash of Clans), presentano un certo rischio di dipendenza, perché il gioco ha un esito aperto e va avanti anche quando un giocatore non è connesso. Nei giochi online (p. es. Fortnite), inoltre, si può sviluppare una dinamica di gruppo. È più difficile scollegarsi, sapendo che gli altri giocatori continuano a giocare. E non bisogna dimenticare che spesso più si gioca, maggiori sono i premi disponibili.
Ma ci sono anche altre cause che possono favorire un comportamento di gioco problematico: il rischio è particolarmente alto per i bambini e i giovani che si sentono poco importanti o incompresi, poiché tendono a rifugiarsi in mondi fantastici e cercano di scacciare le proprie paure e frustrazioni con i videogiochi. Ma anche una bassa autostima e una scarsa autoefficacia nella vita quotidiana sono considerati fattori di rischio.
La dipendenza da videogiochi è riconosciuta ufficialmente come malattia dall’Organizzazione mondiale della sanità. Secondo questa definizione, un cosiddetto disturbo da videogiochi (gaming disorder) è presente se si osservano i seguenti caratteri per un periodo di almeno 12 mesi:
perdita del controllo sul gioco (frequenza, durata, intensità, inizio/fine);
importanza del gioco tale che non rimane quasi più tempo per altre attività o vi è poco interesse per altri ambiti della vita;
incapacità di smettere di giocare nonostante le conseguenze negative (p. es. isolamento sociale).
Il nesso tra l’utilizzo di videogiochi violenti e l’aggressività nella vita quotidiana è giudicato assai debole. Un ruolo maggiore va attribuito ad altri fattori d’influenza, quali l’ambiente familiare, il contesto sociale oppure la disponibilità di armi.
Affinché i videogiochi possano essere autorizzati anche per i bambini più piccoli, spesso si evita di mostrare le reali conseguenze dell’uso della violenza. Ciò porta a critiche nei confronti dei giochi sparatutto e di azione: gli sviluppatori vengono accusati di banalizzare la violenza.
La nuova legge federale sulla protezione dei minori nei settori dei film e dei videogiochi e la relativa ordinanza hanno creato le basi giuridiche per migliorare, in modo uniforme a livello nazionale, la protezione dei bambini e dei giovani dai contenuti non appropriati per loro. La legge entrerà integralmente in vigore presumibilmente nel 2027.
La legge ha lo scopo di proteggere i bambini e i giovani dai contenuti di film e videogiochi potenzialmente nocivi per il loro sviluppo, in particolare da quelli violenti o sessualmente espliciti. Armonizza inoltre a livello nazionale il sistema di classificazione e di controllo dell’età in materia di accesso a film e videogiochi. L’obiettivo è fornire ai genitori le informazioni necessarie affinché i loro figli consumino film e videogiochi adatti alla loro età. Allo stesso tempo, la legge garantisce che i fornitori di film e videogiochi si assumano la loro parte di responsabilità nella protezione dei minori.
In base alla nuova legislazione, gli operatori che metteranno a disposizione film o videogiochi in Svizzera dovranno stabilire e indicare in modo ben visibile l’età minima richiesta per ogni contenuto. Dovranno anche procedere a un controllo dell’età e mettere a disposizione un sistema di controllo parentale e consentire agli utenti di segnalare contenuti non adatti ai minori.
Ultimo aggiornamento del testo il 12.11.25