Articolo del blog
Quando Mila è in campo e Leo balla sul palco, i nostri cuori di genitori palpitano. Poco importa che lei segni una rete o che lui riesca a tenere il passo. E chiaramente non perdiamo l’occasione per immortalare quei momenti con la videocamera del telefonino. Ma quando tra gli spalti parte la tempesta di flash, inevitabilmente si fa largo una certa preoccupazione: che cosa ne sarà di tutto quel materiale? Fino a che punto si spinge la responsabilità delle associazioni e dove inizia quella dei genitori? Esperienze e valutazione da un punto di vista giuridico.
Un anno fa l’associazione sportiva alla quale nostro figlio partecipava ci ha invitati a un’esibizione per i genitori. L’evento era ben organizzato, con i gruppi di bambini che mostravano, uno dopo l’altro, il loro talento sul palco. Peccato che dalla quarta fila non siamo riusciti a vedere quasi nulla dato che davanti a noi tutti i genitori alzavano il cellulare per scattare foto o addirittura filmare.
A parte il fastidio per i genitori seduti dietro che dovevano continuamente allungare il collo per riuscire a intravedere anche solo per un secondo i loro figli, una serie di pensieri ha cominciato a frullarmi per la testa:
Sono tornata a casa con una sensazione di disagio ma, dato che poco tempo dopo nostro figlio ha deciso di lasciare l’associazione, non ho fatto notare la cosa ai responsabili.
A mia sorpresa, il problema si è ripresentato con la nuova associazione per la quale mio figlio si era deciso. Il modulo d’iscrizione precisava infatti che firmando la richiesta di adesione, i genitori prendevano atto che l’associazione pubblica foto dei membri sul proprio sito e che foto e video fatti in occasione di eventi vengono postati sui canali social dell’associazione. In pratica, l’adesione all’associazione implicava automaticamente l’autorizzazione totale dei genitori (e dei loro figli) alla pubblicazione di foto e video.
Ho stralciato la frase sul modulo e ho aggiunto una nota: «Non autorizzo la pubblicazione di foto e video di mio figlio sui canali social dell’associazione».
Qualche giorno dopo mi ha chiamata il presidente dell’associazione. È stata una discussione difficile in cui lui si è difeso affermando che non facevano nulla di scorretto. Voleva che gli proponessi una soluzione, cosa che mi pareva piuttosto difficile dato che il problema non ero io, sebbene lui fosse evidentemente di altro avviso. Dopo una lunga discussione abbiamo concordato che mio figlio poteva aderire all’associazione senza che noi genitori dovessimo prendere atto del punto in questione.
In occasione di un primo servizio fotografico i genitori sono stati informati per e-mail che, se non desideravano fare fotografare i figli, dovevano avvisare la fotografa sul posto. Ciononostante la questione non si poteva ancora dire risolta. Infatti, qualche tempo dopo il problema si è ripresentato in occasione di un corso di nuoto: per permettere ai genitori di assistere alla lezione, all’entrata della piscina coperta era stato installato un grande schermo. Sebbene le immagini non fossero propriamente in HD, i bambini in costume erano perfettamente visibili. E di nuovo diversi genitori hanno subito tirato fuori il cellulare e si sono messi a filmare. Io sono rimasta senza parole.
L’avvocato Martin Steiger si è specializzato in questioni giuridiche legate allo spazio digitale. I nostri esempi non lo stupiscono affatto: nel suo lavoro gli capita spesso di imbattersi in episodi simili. «Sì, si provano molte cose. Ma di solito non con cattive intenzioni, bensì per ignoranza.»
In altre parole: la questione della protezione dei dati è giunta alle orecchie delle associazioni e nel migliore dei casi c’è una persona responsabile che se ne occupa esplicitamente, anche del diritto alla propria immagine. Che non in tutte le associazioni questo qualcuno abbia altresì competenze giuridiche è comprensibile.
Quello che i genitori devono sapere è che
tutti i membri di un’associazione hanno il diritto di decidere liberamente se vogliono essere fotografati e/o filmati o meno. Secondo Martin Steiger, in questo contesto bisognerebbe inoltre fare una distinzione tra le immagini pensate ad uso interno (p. es. newsletter dell’associazione) e quelle destinate ai canali aperti al grande pubblico (siti web, social media, stampa ecc.).
Se viene chiesta un’autorizzazione, deve essere possibile rispondere di sì o di no. Combinare l’autorizzazione all’iscrizione non è dunque ammissibile dal punto di vista giuridico. Anche la semplice «presa d'atto» non è giuridicamente sicura. Le informazioni fornite devono inoltre essere comprensibili. Spesso i modelli disponibili in Internet non lo sono perché scritti in un linguaggio tecnico giuridico. A questo proposito le associazioni possono per esempio chiedere aiuto presso la propria federazione.
Il diritto a dare la propria autorizzazione vale anche per le foto di gruppo, quando quindi le immagini non ritraggono un soggetto in particolare o le persone non sono chiaramente riconoscibili a prima vista. Questo perché ormai la risoluzione delle immagini e tecniche quali il riconoscimento facciale sono molto avanzate. È quanto conferma anche una sentenza del Tribunale federale, ciò vale già dal 2011.
La faccenda si complica quando ci si trova nello spazio pubblico o in un luogo affollato, per esempio sul campo da calcio, in occasione di spettacoli o nel bosco. «In questi casi bisogna fare i conti con il fatto che qualcuno possa fare delle foto o dei video», ammette Martin Steiger. «Personalmente lo ritengo problematico, in particolare quando si tratta di bambini altrui. Ma nell'era degli smartphone è impossibile controllarlo in modo efficace». In tali situazioni, Martin Steiger ritiene che la responsabilità ricada sulle persone che scattano foto o girano video. Sarebbe tuttavia auspicabile chele associazioni sensibilizzassero i genitori su questo tema, ad esempio nell'ambito di una serata informativa o tramite un opuscolo sulla protezione dei dati.
Se sul sito dell’associazione o sul profilo Instagram di altri genitori dovesse saltar fuori una foto o un video dei propri figli senza previa autorizzazione è possibile sollevare obiezione. Tuttavia, tutto ciò che viene pubblicato online rimane spesso disponibile in rete in modo permanente e nessuno può garantire che sia stato cancellato definitivamente.
Non esiste un'autorità che faccia valere il «diritto alla propria immagine». L’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza (IFPDT) fornisce alle associazioni informazioni su basi giuridiche e obblighi in merito alla protezione dei dati in generale e all’utilizzo di foto e video in particolare. Tuttavia, il IFPDT non agisce normalmente come rappresentante di singoli individui nel senso di un «avvocato per la protezione dei dati». Se non è possibile trovare una soluzione che metta d’accordo genitori e associazione, il ricorso alle vie legali è inevitabile.
Alle associazioni Martin Steiger raccomanda innanzitutto di mettere in primo piano la protezione dei dati dei suoi membri e di riflettere attentamente e agire con la necessaria sensibilità, in particolare quando le immagini riguardano minorenni. Esse dovrebbero inoltre mostrare comprensione e riguardo per i genitori che non sono d'accordo con la pubblicazione di immagini dei loro figli o con il semplice fatto di fotografare e filmare: «Le vie legali sono spiacevoli, onerose e costose per tutte le persone coinvolte».
Le associazioni possono contribuire a sensibilizzare i genitori richiamando la loro attenzione sul fatto che, per esempio, non si devono fare foto o video di altri bambini durante gli eventi e che le immagini che ritraggono altri bambini non devono mai essere diffuse o pubblicate sui social media.
A voi genitori raccomandiamo di riflettere assolutamente sulla questione se e a che condizioni siete disposti ad accettare la pubblicazione di foto e video che ritraggono i vostri figli. In questo contesto dovete anche distinguere tra uso interno all’associazione e diffusione su larga scala attraverso canali quali siti Internet, Instagram o TikTok. In questo ultimo caso raccomandiamo prudenza poiché non si può mai essere certi di cosa accade alle immagini pubblicate.
Se non venite informati sul tema o non ricevete esplicite richieste di autorizzazione (inclusa la possibilità di poter rifiutare), chiedete spiegazioni ai responsabili dell’associazione. La discussione può risultare sgradevole (come nel caso presentato), ma è tanto più importante proprio perché la sensibilizzazione su questa questione non è ancora giunta alle orecchie di tutti, tanto delle associazioni quanto dei genitori.
Ultimo aggiornamento del testo il 01.12.25